martedì 4 marzo 2008

BALLARD/ CRONENBERG CRASH 1996



Il destino cinematografico di James Ballard è purtroppo quello di essere, se non scopertamente travisato, sempre tradito e depotenziato dai suoi registi: l’effetto altamente deflagrante delle sue opere si riduce sullo schermo al più o meno vivido bagliore di un fuoco artificiale.
Così è stato per L’impero del sole (il romanzo più autobiografico e doloroso dello scrittore britannico, dove si raccontano le sue tragiche esperienze infantili durante l’internamento in un campo di prigionia giapponese nei pressi di Shangai) in cui la fondamentale estraneità di Ballard ad ogni political correctness consolatoria viene caramellata dal disneyano Steven Spielberg per ricacciarla a forza nei ranghi del buonismo hollywoodiano.
Così è anche per la versione cinematografica dell’opera forse più estrema del bardo di Shepperton: il romanzo Crash del 1973, che l’autore definiva “il primo romanzo pornografico basato sulla tecnologia”. Questo libro profondamente sgradevole e geniale, sorta di 120 giornate di Sodoma dell’età di Andy Warhol, non avrebbe potuto trasferirsi fedelmente sullo schermo che sotto forma di infame snuff movie o di porno hard-core particolarmente perverso: l’impresa tentata nel 1996 dal pur simpatetico David Cronenberg era quindi destinata in partenza al fallimento.
La trama di Crash è meno importante della fenomenologia del morboso scatenata dalle interrelazioni ossessive fra i personaggi e l’ambiente: in questo l’autore paga un debito al beatnik William Burroughs e in particolare al suo romanzo cult The Naked Lunch (non a caso portato sullo schermo dallo stesso Cronenberg nel 1991). Il protagonista, un certo James Ballard, viene coinvolto in un’incidente automobilistico in cui uccide un uomo e ne ferisce la moglie con la quale intreccerà nelle settimane seguenti una relazione erotica; contemporaneamente la moglie di Ballard, Catherine, si lascerà sedurre dallo psicopatico Robert Vaughan, che porta sul corpo i segni degli impatti subiti in auto rincorrendo l’iconologia deviante delle star perite in scontri automobilistici. Si crea una complessa rete di relazioni etero e omosessuali fra loro che ha alla base il culto del sesso e della morte dato dall’automobile e dell’incidente stradale visto come l’amplesso supremo in cui il corpo viene modificato dalla tecnologia e aperto a nuove e infinite possibilità erotiche. Vaughan morirà nel tentativo di realizzare i suoi sogni perversi, lanciandosi da un cavalcavia con la sua Lincoln (lo stesso modello di macchina su cui viaggiava John Kennedy al momento dell’attentato) contro l’auto della diva Elizabeth Taylor, che però resterà illesa.
Il regista canadese mantiene sostanzialmente intatte quasi tutte le scene principali del libro limitandosi a sostituire un soft-core da rivista erotica patinata alla compassata brutalità del testo ballardiano. Sceglie però di eliminare gran parte dei riferimenti all’iconologia dello star system (forse ritenuta troppo legata ad un immaginario ormai datato): questo rende poco efficace il finale in cui l’incidente fatale di Vaughan non è provocato dall’aggressione contro Elyzabeth Taylor ma contro l’amante Catherine.
Cronenberg almeno non si permette, come Spielberg, di edulcorare Ballard, ma il suo film, in teoria rispettoso, non riesce mai ad essere niente di più dell’atto di omaggio di un sincero ma troppo timido ammiratore.

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